L’umidità nella vetroresina è il segnale, chiaro e inequivocabile, di un potenziale problema di osmosi – anche allo stato iniziale – e, come accade anche nel legno, di una perdita di resistenza alla fatica con diminuzione del carico di rottura.
Con appositi strumenti è possibile individuare i valori che si riferiscono alla reale presenza di acqua nella vetroresina e in quali percentuali.
La vetroresina ha permesso lo sviluppo mondiale della nautica da diporto, soppiantando per facilità di costruzione, economicità e ridotta manutenzione, moltissimi altri materiali. Deve essere lavorata con professionalità, rispettando i dettami tecnici di buoni progetti, ristrutturazioni corrette, rispetto dei processi di miscelazione, stratificazione, temperature ed è un materiale che non deve contenere alcuna umidità.
Quando durante la costruzione non si verifica una buona catalizzazione del poliestere, o il poliestere utilizzato non è idoneo per lo scopo specifico, l’umidità infiltrandosi nel gel-coat va a formare un liquido viscoso, con forte odore acetico, che l’acqua del mare, e ancor di più l’acqua dolce, diluisce ulteriormente e, aumentandone il volume, dà luogo alle purtroppo ben conosciute bolle sulla carena.